di Domenico Vito e Riccardo Testolin
Secondo le stime della FAO la deforestazione a livello planetario procede con una velocità di circa 13 milioni di ettari all’anno, ossia un’area 50 volte il Lussemburgo e 180 volte Singapore. La deforestazione e la degradazione delle foreste figurano pertanto tra le maggiori cause di perdita di biodiversità e di incremento delle emissioni di CO2.
Circa l’11% delle emissioni di gas serra determinate da attività umane sono infatti causate dalla distruzione di foreste tropicali. Secondo l’IPCC le emissioni medie annue causate dalla deforestazione durante gli anni ‘90 ammontano a 5,8Gt di CO2, contribuendo al 20% delle emissioni globali. Un dato, insomma, da non sottovalutare.
Il tema della riduzione di emissioni causate dalla deforestazione nei paesi in via di sviluppo è stato introdotto a partire dall’undicesima Conferenza Delle Parti (COP11) dell’UNFCCC a Montreal nel 2005. La COP di Bali nel 2007 ha aperto la possibilità di sviluppare dei meccanismi per incentivare la riduzione delle emissioni dovute alla deforestazione attraverso la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste nei paesi in via di sviluppo. Da qui la nascita del meccanismo REDD+, ossia “Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation”, formalmente incluso nel testo dalla Conferenza sui Cambiamenti Climatici di Cancun nel 2010. Nell’ultima bozza dell’accordo in discussione a Parigi (10 Dicembre) tale meccanismo viene descritto nell’articolo 3 bis, anche se il termine REDD+ non viene espressamente citato.
Attraverso REDD+ verrebbero finanziati progetti che mirano a proteggere e ricostituire aree forestali in modo sostenibile, nonché ad attuare altre opere di mitigazione legate al ripristino degli ecosistemi. Questo è un elemento molto importante e che potenzialmente porterà dei grossi benefici, sia in termini di riduzione delle emissioni, che di aiuto alle popolazioni locali.
REDD+ costituisce uno strumento della finanza climatica capace di attirare una serie di investimenti pubblici e privati sull’ambiente per una gestione sostenibile delle risorse naturali.
Oltre ad essere una misura di mitigazione al cambiamento climatico, il sostegno ai progetti REDD+ andrà a supportare il mantenimento della vita degli ecosistemi, la tutela della biodiversità e la creazione di servizi ecosistemici. In sostanza REDD+ andrà a conciliare finanza climatica, ricostituzione ecosistemica e crescita delle economie locali verso percorsi sostenibili.
Molte di queste azioni possono essere gestite direttamente dalle comunità che ne possono trarre direttamente i benefici. Un esempio è dato un progetto implementato da Fauna & Flora international, promosso dall’Unione Europea nel comune di Hieu del distretto di Kon Plong, Vietnam. Il comune Hieu ha quasi 17.900 ettari di foreste in cui sono presenti diverse specie rare di flora e fauna. Il progetto pilota, finanziato con circa 11.797 dollari attraverso l’Asia-Pacific Community Carbon Pools Programme on Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation (REDD+ CCP), ha coinvolto le comunità di 11 villaggi nella gestione di 15.000 ettari di foresta. I risultati del progetto si tradotti in una riduzione della deforestazione e in una diminuzione del numero di incendi boschivi.
E’ chiaro tuttavia che l’adozione di REDD+ non può limitarsi a pochi progetti isolati, ma che tutti i progetti basati su questo meccanismo devono essere integrati nei piani e nelle politiche di gestione del territorio già esistenti.
Queste misure di coerenza erano già contenute nelle decisioni prese a Cancun, dove è stato inoltre sancito che le implementazioni di attività REDD+ dovrebbero prevedere un certo numero di salvaguardie tra cui la coerenza con “gli obiettivi dei programmi nazionali di riforestazone” e la “conservazione delle foreste naturali e il mantenimento della biodiversità”.
L’accordo di Parigi sancirà probabilmente la definizione finale di questi meccanismi nell’accordo sul clima. Le ricadute potranno essere importanti perché il meccanismo REDD+ ha il potenziale di tradurre efficacemente i flussi di finanza climatica in opere coordinate direttamente dalle comunità e i cui benefici ricadranno direttamente su di esse.
In sostanza, una misura da non sottovalutare per ridare valore agli ecosistemi e ricostituire quei polmoni verdi che sono una delle prime misure di mitigazione e di riduzione dei disastri naturali dovuti al cambiamento climatico
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