Il Borghetto San Carlo, un terreno agricolo di pregio alle porte di Roma, abbandonato anni, venerdì è stato picchettato dai ragazzi della Cooperativa Romana Giovani Agricoltori che vorrebbe averlo in uso per coltivarlo
Alessandro Portelli – 13.05.2013 il Manifesto
In questi giorni a Roma «coraggio» vuol dire Cooperativa Romana Giovani Agricoltori. Insieme con altre cooperative e collettivi legati al rilancio dell’agricoltura multifunzionale (legata alla qualità della vita, all’occupazione giovanile, a un uso intelligente e sostenibile delle risorse), i ragazzi della cooperativa hanno avuto il coraggio di picchettare il Borghetto San Carlo, un vasto terreno agricolo abbandonato sulla via Cassia, poco oltre il raccordo anulare per rivendicarne l’apertura e l’uso agricolo, come previsto dal piano d’assetto del parco di Veio, in cui la zona rientra. Da qualche tempo, ci rendiamo sempre più conto che la città moderna non è un’uniforme distesa di asfalto e cemento, ma è tempestata di orti di tutte le dimensioni e di spazi importanti di terre inutilizzate. Nel volantino che i giovani delle cooperative distribuiscono a chi si ferma a parlarci, si legge: «Sono in pochi a sapere che in via Cassia 1450, a ridosso del tuo quartiere, ci sono 22 ettari di pregiato territorio agricolo e un casale dei primi del novecento acquisiti in proprietà dal comune di Roma nel marzo 2010 e da allora in stato di abbandono». Io passo tutti i giorni davanti a quel cancello arrugginito e chiuso da un pesante lucchetto dove le cooperative hanno posto i tavoli e gli striscioni del picchetto, e non mi ero mai davvero fatto domande su quello spazio verde e vuoto al di là: era quasi come se accettassi implicitamente il senso comune che dà per scontato l’abbandono di tante preziose risorse. Ci sono voluti i picchetti perché ci facessi caso, io come non poche altre persone del quartiere che si sono fermati a parlare, a chiedere informazioni, a dare solidarietà a appoggi (questo è un quartiere difficile, che anni fa insorse in furibondi blocchi stradali contro l’ipotesi di ospitare un piccolo insediamento Rom. Ma certe volte basta che qualcuno si muova per far uscire fuori anche la sua nascosta anima civile). Il Borghetto San Carlo, continua il volantino, è un «bene comune già acquisito in proprietà pubblica grazie a una compensazione urbanistica, un contratto prevede la completa ristrutturazione del casale per metterlo a disposizione dei cittadini», a carico del precedente proprietario, il costruttore Mezzaroma che, cedendolo al comune, ha acquisiti diritti di edificazione in altre parti della città.
Naturalmente, l’amministrazione Alemanno si è “dimenticata” di far rispettare il contratto. I lavori di ristrutturazione del casale, che avrebbe dovuto essere riconsegnato due mesi fa, non sono neanche cominciati e adesso anche quell’edificio di pregio cade in pezzi. La Cooperativa Coraggio, insieme con altre cooperative e associazioni (Cobragor, me&tree, Biosfera, Amaltea) ha presentato al comune un progetto che prevede il pieno utilizzo agricolo dei terreni, orti sociali per il quartiere, vendita diretta dei prodotti, ristorazione a chilometro zero, attività ricreative e culturali, un agri-asilo pubblico, e la creazione di trenta posti di lavoro. Sono proposte in piena linea con la formazione e le biografie degli attivisti: laureati in agronomia o in economia agraria, insieme con giovani che hanno già un’esperienza di lavoro contadino e bracciantile.
Il presidio davanti al cancello chiuso del Borghetto San Carlo è una delle molte espressioni di quel movimento che pensa al “ritorno” alla terra non come un passo indietro verso il passato ma come un elemento cruciale di una diversa e più vivibile modernità. Per ora, è pensato soprattutto come un modo per richiamare l’attenzione. Poi, si vedrà. Nel frattempo, i partecipanti al presidio invitano tutti a una festa con cibo e musica, domenica a partire dalle 10 davanti al Borghetto San Carlo, mezzo chilometro oltre la stele che ricorda i 14 antifascisti massacrati in quel punto dai nazisti il 4 giugno 1944.